MAMMA, DAMMI LA TUA MANO E IO CE LA FARO'!

25.06.2018

La rapporto madre-figlio è una relazione primaria che per il bambino rappresenta un vero trampolino di lancio sul mondo esterno. La relazione madre-figlio, o più genericamente la relazione tra il caregiver (colui che si prende cura) e il bambino, è stata oggetto di studio e di riflessioni già dagli anni '60 del secolo scorso quando Harlow dimostrò che il legame dei piccoli di scimmia alla loro madre era una forma di relazione indipendente dalla necessità del piccolo di ricevere nutrimento.

Da questi primi studi, nacque poi "la teoria dell'attaccamento" di J. Bowlby, medico e psicoanalista inglese del '900, che propone un nuovo modello psicopatologico in grado di dare indicazioni generali su come la personalità di un individuo cominci ad organizzarsi fin dai primi anni di vita. La teoria dell'attaccamento fornisce un valido supporto per lo studio di fenomeni legati a storie infantili di gravi abusi e trascuratezza, correlate con lo sviluppo di un ampio spettro di disturbi di personalità, sintomi dissociativi, disturbi d'ansia, depressione e abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti. Ovviamente, l'eventuale insorgenza di disturbi psicologici più o meno gravi non devono essere considerati come una conseguenza diretta di una relazione primordiale deficitaria con la figura di accudimento, ma come un fattore di rischio soggetto a modificazioni dettate da elementi ambientali. L'esistenza di una persona non può essere considerata in un'ottica lineare di causa-effetto, quanto più dobbiamo considerare i fattori che in modo circolare intervengono nella vita di ognuno di noi.

Esiste quindi un'organizzazione psicologica interna con caratteristiche specifiche che comprendono schemi di sé e della figura di attaccamento. Secondo Bowlby il legame del bambino alla madre è il prodotto dell'attività di diversi sistemi comportamentali che sfociano nel tentativo di mantenere una vicinanza costante del bambino con la madre.

Il comportamento di attaccamento è quindi attivato da una situazione di separazione dalla figura primaria (la madre o il caregiver), o dalla minaccia di essa, ed è eliminato con la nuova vicinanza. La madre rappresenta per il figlio una "base sicura" consentendo al bambino di sentirsi pienamente protetto, accettato e sostenuto, cosa che gli permetterà di rimanere da solo ad esplorare il mondo circostante senza timore. Per rendere più comprensibile questo legame naturale tra madre e bambino potremmo provare ad immaginare un uccellino che spicca i suoi primi tentativi di volo autonomo: durante le prove di volo potrà temere di non farcela, sentirsi impaurito ma nei momenti di tentennamento, sarà accolto con amore e tenerezza da una madre sensibile e pronta a dargli il sostegno e rifornimento emotivo di cui il piccolo necessita. O ancora, pensiamo a un bambino che ai suoi primi passi un po' traballanti inizia ad esplorare la stanza in cui si trova; il piccolo potrebbe cadere ed avere paura di rimettersi in piedi, dunque rivolgerà uno sguardo alla madre e se in lei troverà un morbido sorriso e una carezza in grado di restituirgli una rassicurazione nelle proprie capacità, non avrà paura di provare a rialzarsi e proseguire la sua scoperta del mondo.

La biologia evoluzionista e l'etologia dimostrano che la vita sociale dell'uomo si sviluppa, nel corso dell'evoluzione, attraverso la comparsa progressiva di sistemi funzionali, cioè sistemi di controllo del comportamento sociale, che mediano diversi tipi di interazione. Tra i sistemi di regolazione delle interazioni sociali, il sistema di attaccamento, regola la ricerca di vicinanza protettiva ai conspecifici (ovvero ai nostri simili) quando ci si trova in condizioni di sofferenza, pericolo e vulnerabilità. Questo sistema è innato, ed influenza notevolmente i primi anni di sviluppo cognitivo, emotivo e sociale del bambino: in risposta a segnali verbali e non verbali emessi dal genitore, il bambino risponderà con messaggi allo stesso modo più o meno verbali, ma con un alto contenuto emotivo.

L'attaccamento è quindi un sistema biologico, che consente al bambino di crescere, diventare adulto, riprodursi e così mantenere e trasmettere il proprio patrimonio genetico. Una serie di comportamenti innati (il sorridere, il piangere, la suzione, la prensione) aiutano il piccolo a mantenere il più possibile la vicinanza alla figura di accudimento non solo per ricevere il nutrimento, ma anche come modalità primaria per assicurarsi protezione, serenità, calore affettivo, sensibilità da parte della madre. Una madre responsiva ai bisogni del bambino, gli garantirà una sicurezza emotiva tale per cui il piccolo potrà sentirsi libero e sicuro di esplorare il mondo circostante, creare relazioni positive con gli altri, separarsi dalla figura di attaccamento in modo sereno ma sicuro di poterci ritornare in caso di necessità e bisogno.

Compito biologico e psicosociale della figura di attaccamento è quello di svolgere nei confronti del bambino il ruolo di un porto sicuro da cui si possa affacciare verso il mondo esterno e a cui ritornare «sapendo che sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato. In sostanza questo ruolo consiste nell'essere disponibili, pronti a rispondere quando chiamati in causa, ma intervenendo solo quando è chiaramente necessario».

Dunque ne consegue, che il modo in cui la madre risponde ai bisogni del figlio, influenzerà moltissimo non solo il senso di sicurezza e protezione che il bambino sente di poter ricevere dalla madre nella sua scoperta del mondo, ma anche le sue capacità future di fronteggiare le richieste esterne sempre più impegnative. Se avere un attaccamento sicuro significa godere di sicurezza e protezione, avere un attaccamento insicuro implica una moltitudine di emozioni concomitanti e contrastanti verso la propria figura primaria, quali amore, dipendenza, paura del rifiuto, vigilanza e irritabilità. 

A cura di,

Dott.ssa Federica Fierro.


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